Ansia: da dove viene, perché ci accompagna costantemente, e quali sono i possibili rimedi?
Vorrei potere iniziare questo articolo scrivendo «Ansia: questa sconosciuta!», ma purtroppo non è possibile: oggi conosciamo tutti fin troppo bene quella terribile sensazione di urgenza arrecata dalla consapevolezza di dover correre continuamente per rispettare i nostri mille impegni, doverci confrontare con un compito troppo difficile, stare per affrontare una situazione che ci mette a disagio. In tutte queste e in molte altre situazioni, l’ansia è per molti di noi un compagno costante. Ma da dove viene questo complesso insieme di reazioni fisiche, emotive e comportamentali? Perché reagiamo così agli eventi, e cosa potremmo fare per evitarlo? Vediamo un po’ insieme alcune delle possibili risposte a queste domande.
A cosa serve l’ansia?
A livello psichico, l’ansia sana, fisiologica, ha una funzione fondamentale, ovvero quella di segnalarci che stiamo per affrontare una situazione che avvertiamo come pericolosa, e permette al corpo e alla mente di mettersi nelle condizioni migliori per reagire: il battito del cuore e la frequenza respiratoria aumentano, ci sentiamo più svegli, più “attivati”, e quindi anche più capaci di fronteggiare situazioni che, senza queste modificazioni psicofisiologiche, ci coglierebbero impreparati. Finché l’ansia si mantiene entro dei limiti accettabili, ha quindi una funzione adattiva. Ma cosa succede invece quando iniziamo a percepire il pericolo anche dove non c’è, o ce n’è meno di quanto ci sembri? Cosa accade quando non riusciamo a prendere consapevolezza di tutto ciò che ci incute timore in una situazione? In questi casi, il corpo e la mente tenderanno ad attivarsi esattamente come quando ci troviamo di fronte a grossi pericoli, dando vita a reazioni spesso spropositate e che potremmo iniziare a vivere come un problema. Quando non riusciamo a riconoscere la totalità degli aspetti che ci impauriscono in una situazione, perdiamo la possibilità di agire su di essi per cercare di stare meglio: da qui allo sviluppo di un vero e proprio disturbo d’ansia il passo è brevissimo.
Perché nasce?
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) individua diversi disturbi d’ansia, delle psicopatologie in cui questa reazione è centrale, come ad esempio il Disturbo d’Ansia Generalizzato, il Disturbo da Attacchi di Panico, l’Agorafobia, la Fobia Sociale, il Disturbo d’Ansia da Separazione, e alcuni altri. Qui invece vi propongo una lettura diversa ma complementare del fenomeno: l’ansia patologica, spropositata, è prima di tutto un’emozione, e come tutte le altre emozioni esiste per informarci che sta succedendo qualcosa dentro di noi, di cui possiamo o meno scegliere di prendere consapevolezza. Prima ancora di prendere la forma di un disturbo, è da sola un sintomo, comune peraltro a moltissimi quadri psicopatologici e che si può presentare nelle più svariate situazioni della vita. Come tutti i sintomi, può quindi presentarsi in due persone nello stesso identico modo, ma per cause totalmente diverse. Per questo, possono esistere dei rimedi che tutti, a prescindere dall’origine della nostra ansia patologica, possiamo utilizzare per stemperarne le manifestazioni più superficiali, come la tachicardia, i tremori, l’iperventilazione, l’agitazione generale e così via. Ma, così come non sistemiamo un osso rotto semplicemente anestetizzando il dolore che esso causa, allo stesso modo non possiamo risolvere l’intera dinamica che genera in noi l’ansia agendo semplicemente sulle sue manifestazioni più superficiali. Per far sì che il sintomo diventi davvero qualcosa che non ci appartiene più, dobbiamo agire sulle cause.
Dalle cause superficiali a quelle profonde!
Per rispondere a questa domanda, facciamo un esempio: immaginiamo uno studente che ha un attacco di panico in tutti i giorni che precedono i vari esami della sua carriera. Possiamo dire che la causa di questa manifestazione di ansia sono quindi gli esami? Ad un livello superficiale forse sì, ma fermandoci qui sapremmo ben poco di tutto l’edificio di motivi più profondi che sorreggono questa reazione spropositata dello studente agli esami. Approfondendo, potremmo magari scoprire che la famiglia dello studente è molto esigente riguardo i suoi risultati accademici, e che spesso ha dimostrato, di fronte ad alcuni suoi fallimenti, di reagire sottraendogli amore e riconoscimento. Lo studente potrebbe anche farci capire che sotto sotto non è poi nemmeno così tanto contento del percorso universitario, intrapreso per corrispondere alle aspettative della famiglia, e dovere sostenere gli esami è per questo motivo qualcosa di sempre meno sopportabile. A questo punto, possiamo ancora dire che sono le prove universitarie a spaventare lo studente, o è in realtà la paura di fallire e perdere l’amore dei genitori a farlo? Tornando alla domanda a titolo di questo paragrafo, la risposta è che gli eventi in generale non causano l’ansia, ma si limitano a suscitarla; il complesso intreccio di reazioni dovute a questa emozione è invece causato dal significato profondo che attribuiamo a quegli eventi, che è legato al nostro sistema di valori, come anche a ciò a cui teniamo e che forse temiamo di perdere. I sintomi dell’ansia sono quindi semplicemente la punta dell’iceberg di un’intera situazione problematica, un modo che la mente e il corpo hanno per parlare con noi, per dirci che qualcosa nel nostro rapporto col mondo si è rotto. Succede la stessa cosa quando abbiamo la febbre: un virus entra nel nostro corpo, e l’organismo reagisce con l’aumento della temperatura corporea, con l’obiettivo di eliminare l’agente virale. In questo caso, estinguere semplicemente il sintomo della febbre non basta a risolvere l’intero problema, anzi rischia di farlo peggiorare. L’ansia ha la stessa funzione della febbre: ci segnala che qualcosa non va e ci vorrebbe spingere a mobilitarci per risolvere il problema. E cosa possiamo fare allora per liberarci di questi sintomi?
Che cosa posso fare per risolvere efficacemente i miei problemi di ansia?
Se iniziamo a concepire l’ansia non più come un disturbo in sé, ma come il segnale di un problema più grande, come cambia il nostro approccio al problema? Quando un ladro irrompe in casa nostra, nessuno di noi penserebbe di risolvere il problema semplicemente spegnendo l’allarme che suona per avvisarci della presenza di estranei nella nostra proprietà. Allo stesso modo, per iniziare realmente a separarci dall’ansia che ci accompagna, dobbiamo tentare di risalire alle sue cause. Un percorso psicologico, in questo caso, ha anche il ruolo di aiutarci ad individuare non solo l’insieme di situazioni che scatenano l’ansia dentro di noi, ma anche il significato che queste hanno per noi, i motivi per cui sentiamo intimamente di non avere le risorse necessarie per fronteggiarle, e l’insieme di cose che sentiamo di perdere a seguito del fallimento. In questo modo, potremmo scoprire che l’ansia che non ci fa dormire la notte nasce perché, dormendo, sentiamo irrazionalmente di perdere il controllo su delle situazioni importanti per noi, che magari ci fanno sentire in pericolo; oppure potremmo renderci conto del fatto che affrontiamo la vita correndo da un impegno all’altro in modo talmente frenetico che poi, al momento di doverci rilassare, non ne siamo più capaci, perché diamo al riposo il significato dell’improduttività, di qualcosa quindi che non ci è concesso, che ci porta a perdere possibili profitti. Ma affermare che l’ansia è solo un sintomo, un segnale, equivale a dire che non dobbiamo interessarci a far scomparire il disagio che i suoi sintomi acuti ci causano? Assolutamente no!
L’allarme va spento!
Tornando alla metafora del ladro che ci entra in casa, è vero, la radice del nostro problema non è l’allarme che scatta per l’infrazione, ma la presenza di estranei nella nostra abitazione… Ma, una volta scacciatili, non dobbiamo forse anche spegnere l’allarme che nel frattempo ci assorda? Allo stesso modo, certo, le cause dell’ansia vanno individuate e gestite, ma anche trattare i sintomi è fondamentale. Quando essi sono molto acuti, è spesso necessario affiancare al trattamento psicologico anche quello farmacologico; è possibile inoltre apprendere ed utilizzare diverse tecniche di rilassamento che possono essere adoperate per ridurre l’attivazione fisiologica legata all’ansia. Infine, esiste anche un fiorente mercato di rimedi naturali dalle proprietà rilassanti. Per valutare quale tipo di trattamento potrebbe essere il più adatto alla nostra situazione, è sempre necessario riferirsi al proprio medico di base e ad uno psicologo.
Concludendo…
Come abbiamo visto, intendere l’ansia in sé come un vero e proprio disturbo ci porta a focalizzarci sulle sue manifestazioni fisiologiche, distogliendo l’attenzione dalle cause sottostanti che continuano a generarle. Due persone possono presentare esattamente la stessa sintomatologia ansiosa, acuta o cronica che sia, ma le ragioni che sostengono queste manifestazioni possono essere totalmente diverse: è per questo che ogni trattamento che mira a ridurre in modo efficace e duraturo i sintomi ansiosi deve essere altamente personalizzato. Affiancare all’intervento sulle manifestazioni ansiose quello rivolto alle loro cause radicali si rivela quindi fondamentale per condurre l’individuo ad una condizione di benessere duratura nel tempo.